Se siamo abituati a leggere di un Salgari che ci immerge nelle acque dei mari della Malesia, in un clima tropicale, adesso veniamo proiettati nel profondo sud della terra, in una difficile spedizione al Polo Australe.
Salgari si dimostra sempre all’altezza dell’avventura, non c’è avventura senza Salgari e non c’è Salgari senza avventura potremmo dire. Il suo stile, il suo linguaggio d’altri tempi ci proiettano indietro nel tempo, facendoci gustare meglio le sue storie avventurose, come se noi stessi ne fossimo i protagonisti.
In questo romanzo c’è un sapore d’avventura tutto particolare. I personaggi, sempre così ben delineati, si ritrovano ad affrontare un nemico che non ha volto. Non respira, non è umano come loro, ma li circonda, assediandoli nel tempo e nello spazio. E’ il freddo polare, che genera i ghiacci che rivestono il continente antartico ancora inesplorato.
Wilkey, Bisby, Linderman: questi i nomi dei tre che, assieme ad altri membri della spedizione antartica, partiranno verso l’ignoto, affrontando decisi anche la morte pur di trionfare.
Salgari si muove bene fra i ghiacci, la sua documentazione è proverbiale, le descrizioni sono minuziose, le scene ricche di particolari. Ancora oggi riesce a sorprendere.
Il romanzo, che fa parte di un cofanetto intitolato “Avventure al Polo”, è illustrato dai disegni di Giuseppe Garibaldi Bruno, che accompagnano ogni capitolo dando un volto ai protagonisti e fotografando il polo in suggestivi scenari.
E’ un’avventura silenziosa, questa, chiusa fra i ghiacci di iceberg e laghi congelati, dove un pugno di uomini sfida una natura invincibile, spingendosi dove pochi hanno osato arrivare ed oltre. E Salgari non ha pietà per i propri personaggi, dimostrandosi uno scrittore vero che narra le sue storie come se vi avesse assistito di persona, più che averle scritte egli stesso.
- Al Polo Australe in Velocipede
di Emilio Salgari - Oscar Mondadori (cofanetto “Avventure al Polo”)
- 214 pagine
- ottobre 2002
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