Romanzo d’avventura, il ritorno all’avventura africana come recita la fascetta del libro. Il romanzo è una celebrazione delle terre africane, dei suoi popoli e di quanti la sfruttano in giri d’affari e giochi di potere.
Wilbur Smith mette in campo Leon Courtney, sottotenente dei KAR (King’s Africans Rifles), in una serie di vicende che lo vedono viaggiare e combattere in un’Africa contesa e nel periodo dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
La storia
Il destino del cacciatore è un romanzo che si legge velocemente, scorrevole. Ben strutturato, la storia procede senza intoppi.
Tuttavia la fine appare quasi scontata, come tante conclusioni già ampiamente viste in film hollywoodiani.
Lo stile
Le pagine scorrono, è vero, ma non lasciano il segno. In scrittori d’avventura come Salgari e Burroughs si nota uno stile, mentre qui c’è solo pura narrazione dei fatti.
Non noto quella riconoscibilità di linguaggio come ho invece notato nei succitati autori.
Assegai: il focus del romanzo
Sebbene il titolo italiano sia stato cambiato ne “Il destino del cacciatore”, quello originale dà il vero senso alla storia: assegai.
L’assegai è l’arma dei guerrieri Masai, una sorta di lancia con cui affrontano il pericolo, una compagna muta e letale.
Assegai è quindi non solo il simbolo di una popolazione africana, che ha un ruolo fondamentale nella storia, ma rappresenta anche una minaccia che potrebbe stravolgere gli eventi.
C’è quindi un legame di opposti: da una parte l’assegai visto come arma di attacco e difesa, ma lecita perché propria di un contesto etnico e sociale, dall’altra l’assegai come arma impropria impropriamente usata da un europeo per portare distruzione.
Il titolo originale avrebbe dato più senso a una storia che manca di pathos, piuttosto che la libera traduzione italiana, che in un vano tentativo di dare al romanzo un tocco di romanticismo e mistero fallisce.
- Il destino del cacciatore
di Wilbur Smith (tit. orig. Assegai) - Longanesi
- 502 pagine
- marzo 2009
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