La peste scarlatta, pubblicata nel 1912, è una storia che parla di un evento disastroso accaduto nel 2013, ma è ambientata sessant’anni dopo. Una sorta di storia dentro la storia, si potrebbe dire, ma in realtà si tratta di un racconto orale.
La civiltà decaduta in seguito alla peste, descritta da Jack London, acquista tutti i connotati della sua condizione e i racconti orali si affiancano a una mancanza di tecnologia e a strumenti primitivi. Lo scrittore ci parla per mezzo del protagonista, un vecchio che narra ai propri nipoti i fatti di cui è stato testimone.
Ed ecco che il protagonista viene ad assumere due parti, quella di narratore e quella di eroe del racconto. E due sono i gruppi di ascoltatori, i nipoti selvaggi e i lettori.
La peste scarlatta si legge velocemente, nonostante sia di fatto un racconto statico, reso ancor più statico dalla forma narrativa, un personaggio che narra in prima persona i propri ricordi. Ma London sa come raccontare una storia e l’attenzione del lettore non calerà mai.
Una doppia forma di narrazione, dunque, in terza persona quando è London a parlare, in prima persona quando prende la parola il vecchio.
Lo scenario inventato da London è credibile, in poche righe riesce a delineare il mondo come sarà un secolo dopo la sua storia e possiamo dire che non è andato molto lontano dalla realtà. Ben realizzata anche l’ambientazione post-apocalittica, diretta conseguenza dell’immane contagio che ha distrutto l’umanità.
Uno dei primi racconti post-apocalittici, La peste scarlatta fonda dunque la sua forza su una terribile malattia, a diffusione mondiale e velocissima. Ma non c’è nulla di fantastico né di pseudo-fantastico, come è avvenuto invece per Io sono leggenda di Matheson e Apocalisse Z di Loureiro.
Né entrano in campo guerre come nei romanzi La strada di McCarthy e Goetia di Coltri. In fondo non c’è da molto da scegliere per una probabile estinzione del genere umano: guerre o malattie.
Leggendo La peste scarlatta ritroviamo molti scenari visti al cinema o letti in altri romanzi, come se London fosse un premonitore, ma forse è meglio chiamarlo un ispiratore di storie. Non c’è l’atmosfera gelata e drammatica di racconti come Zanna bianca né il tributo alla natura selvaggia che abbiamo letto ne Il richiamo della foresta.
La peste scarlatta azzera la drammaticità a favore di una spietata caduta dell’umanità verso il suo più lontano passato. La pesta scarlatta è sì un richiamo alla libertà delle foreste e del mondo esterno, ma visto con gli occhi dei primi uomini apparsi sulla terra.
Il tono distaccato che sembra accompagnare l’intera narrazione vuole forse rendere ancor più solida e insapore la condizione umana, relegata a uno stadio primordiale e lontana, ancora lontana dalla possibilità di rimparare a leggere e scoprire i segreti della natura e i prodigi della tecnologia.
- La peste scarlatta di Jack London
- Gli Adelphi
- 94 pagine
- novembre 2009
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