Ho scelto questo romanzo come prima opera da leggere di Mauro Corona, convinto, appunto, che si trattasse di un romanzo. Ma purtroppo non lo è. Mantiene alcune caratteristiche del romanzo, certamente, poiché è un’opera narrativa di intrattenimento, ha una lunghezza maggiore del racconto, ha dei personaggi al suo interno che interagiscono fra di loro.
L’argomento ha una sua credibilità, anche se è un’opera di fantasia. Il libro è incentrato sui personaggi e sulle loro azioni. I personaggi crescono e si evolvono, cambiano il loro modo di pensare. Mancano, tuttavia, dei personaggi centrali. Delle figure riconoscibili.
Non esiste un protagonista attorno a cui si svolge la storia, ma il protagonista è il pianeta intero. Il risultato di un’opera come questa è che le luci del romanzo non sono rivolte al protagonista, di cui non esiste, come detto, una figura o più figure che lo rappresentino, ma sono tutte sul narratore.
Il protagonista di questa storia è Mauro Corona, che parla ai suoi lettori in una sorta di monologo dal sapore amaro. Mauro Corona è deluso del suo mondo, che definisce storto, e ha ragione, questo va detto a sua difesa.
Dalla presentazione del libro si può quasi dedurre che sia un’opera di fantascienza, del genere post-atomico, apocalittico, dove vediamo l’uomo senza più tecnologia affrontare la natura con le sue mani. Troppo banale, forse. Ma non più di tanto.
È sì la fine del mondo tecnologico, ma è anche e soprattutto un canto alla vita di campagna. Tutta l’opera è incentrata su questo tema, 160 pagine per dire quanto sia importante la campagna e i vecchi metodi.
Tutto ciò, se da una parte è nobile e condivido, dall’altra risulta pesante e ripetitivo. Questo emerge dal libro, una ripetitività che poteva essere evitata scrivendo un racconto e non un romanzo. Dopo i prime due capitoli si capisce come andrà a finire la storia. È prevedibile.
È un quadro sulle quattro stagioni, ma che già dalla prima, dall’inverno, quando tutta la tecnologia muore e si spegne- ricordate la fine del film Fuga da Los Angeles?- il lettore saprà come andrà a finire, dove vorrà andare a parare l’autore.
Lo stile prende per le prime pagine, ma poi diviene stancante. Mauro Corona è stufo di questo mondo e si sente. Ha ragione. Ha pienamente ragione. Ma questo libro avrebbe funzionato meglio, secondo me, come saggio sulle assurdità di questo mondo e su come viene gestito, o come racconto.
Ma non certo come un romanzo.
- La fine del mondo storto
di Mauro Corona - Mondadori
- settembre 2010
- 160 pagine
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