Questo racconto, pubblicato postumo nel 1939, a pochi mesi dalla morte dell’autore, rappresenta l’ultima opera letteraria di Joseph Roth, autobiografica senza dubbio, che non fa altro che sottolineare la sua grande abilità narrativa.
La storia di Andreas Kartak è quella di un barbone che vive senza meta e dorme sotto i ponti della Senna. Un uomo trasandato che non ha denaro né lavoro.
Su questo Roth ha intessuto il suo racconto. La sua leggenda. Perché la storia di quell’uomo ha senz’altro il sapore della leggenda. Nella sua sfortuna, nella sua povertà il Kartak emarginato, alcolizzato, si troverà a percorrere una strada diversa, a fare incontri inaspettati, ad aprire porte dopo porte che gli faranno vivere una vita migliore.
Il vizio dell’alcol è sempre presente, lo segue come un’ombra. In una lucidità semioffuscata Kartak riesce a ragionare, a pensare, a fatica si ricompone per assolvere alla sua missione, per saldare il suo debito.
Personaggi del presente e del passato gli appaiono davanti, amici ma non troppo nella sua solitudine, opportunisti loro malgrado. E Kartak, uomo d’onore, onesto, buono, li accontenta come può, nonostante la sua miseria, nonostante la sua illusoria e relativa ricchezza. Santo bevitore lo chiama Roth, perché Kartak ha il cuore di un angelo, è vittima e martire di se stesso e di una società che non ha saputo capirlo né difenderlo.
E’ l’uomo senza macchia, se non quella dell’alcol, che crede nei miracoli e nel loro ripetersi, è l’uomo senza paura, se non quella della sua povertà, che crede nelle sue scarse e limitate risorse, inconsapevole del compiersi del suo destino. Come tutti i bevitori.
- La leggenda del santo bevitore
di Joseph Roth (tit. orig. Die Legende vom heiligen Trinker) - Edizioni Mondolibri su licenza Adelphi Edizioni
- 74 pagine
- febbraio 2007
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