O rosso di sera nel West
Un romanzo sul Far West, crudo come mai nessun film è riuscito a essere. Forse il vero volto del West, questo raccontato da McCarthy, con la sua prosa ricercata e profondamente drammatica. Un romanzo che non lascia scampo al lettore, portandolo con forza nei meandri più sanguinosi e dolorosi di un’epoca ormai scomparsa.
Meridiano di sangue è un quadro realistico del mondo che abbiamo osservato al cinema e alla TV, quando cow boy, pistoleri, soldati, indiani e messicani si mescolavano in un selvaggio tripudio al West, tra storia e fantasia.
Ma il romanzo di McCarthy va oltre. Si ferma sul dolore, sulla malvagità dell’uomo, punta il dito sul lato oscuro, demoniaco anche, dell’assassino. Narra di efferatezze e crimini, di vendette e soprusi, di sangue, inseguimenti e battaglie.
Meridiano di sangue non dà tregua, a ogni pagina c’è la morte in agguato, a cavallo, nascosta dietro mucchi d’ossa, in una taverna, sotto la pioggia e il sole ardente. Ci sono pistole pronte a sparare, coltelli in mano e sciabole, fucili, persino obici. La morte data in ogni modo possibile.
Una sorta di mucchio selvaggio, quello proposto da McCarthy, ma con una spietatezza più crudele, sanguinaria, determinata. Un viaggio, quello dei cacciatori di scalpi, fra città morenti, gente povera e apatica, migranti, pastori, sbandati.
E in questo scenario apocalittico di un West polveroso e mortale si muove un ragazzo, protagonista di Meridiano di sangue assieme ad altri personaggi come lui, altri assassini e altri uomini senza patria e senza futuro.
McCarthy non caratterizza i suoi personaggi, li lancia nella scena e li fa vivere. Sono loro a mostrarsi per quello che sono e a presentarsi al lettore in tutta la loro essenza, in tutta la loro bestialità, ma anche, talvolta, in un briciolo di umanità.
E questa è una caratteristica di Meridiano di sangue: il lettore si ritrova ad affiancarsi alla banda di Glanton, il capitano a capo dei cacciatori, si discosta disgustato dalle loro azioni, parteggiando per i nativi oppressi, per poi empatizzare con loro nuovamente, quando assiste alle terribili torture mortali inflitte all’uomo bianco.
Meridiano di sangue è un romanzo denso, densissimo di avvenimenti, narrato con un tono che emana dramma a ogni parola. Un romanzo che qualcuno ha tentato di trasporre in pellicola, abbandonando poi il progetto a favore di qualcun altro.
Non so quanto sia possibile portare Meridiano di sangue a due, tre ore di pellicola, se non, appunto, in seguito a forti riduzioni di trama che rovinerebbero una storia così piena. C’è tutto il West, qui, ma senza il romanticismo a cui siamo stati abituati con il cinema americano. Semmai possiamo accostare Meridiano di sangue alle pellicole di Sergio Leone, regista che decise di mostrare al pubblico il volto duro e selvaggio del West.
Perché questo è Meridiano di sangue: la storia di un’epoca vista da chi l’ha vissuta al confine fra legalità e crimine, attraverso le scie di sangue che hanno macchiato la terra, l’odore della polvere da sparo e del sudore, in mezzo a rovi, rocce, sudiciume, baracche e trofei macabri.
E il rosso di sera di cui parla McCarthy nel sottotitolo del romanzo non è forse il rosso del sangue versato nell’ora tarda della vita dell’uomo?
- Meridiano di sangue di Cormac McCarthy (tit. orig. Blood Meridian Or the Evening Redness in the West)
- Einaudi
- 344 pagine
- 2010
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