la Disney non produrrà mai un film tratto da un libro di Jack Ketchum.
E ha ragione. Ma, avendo già letto Ketchum, questa frase di Stephen King risulta superflua. Già in Red ho potuto vedere come lo scrittore ami alcuni temi, che poi possono benissimo essere riassunti nell’assoluto odio – e nella conseguente rabbia – verso le ingiustizie e la barbarie del genere umano.
Riassunti, appunto. Perché nei suoi romanzi, e specialmente ne La ragazza della porta accanto, c’è un dettaglio che lascia il lettore con qualcosa in più. C’è orrore, pur non essendo un romanzo horror.
Ma l’orrore, in questa storia, è più terribile e scioccante di quello prodotto dal mostro o dal cadavere redivivo. Perché è l’orrore crudo e reale prodotto da persone come me e voi – ma senza umanità, precisiamo – contro altre persone, indifese e prive di qualsiasi colpa.
La ragazza della porta accanto inizia come un romanzo di pura narrativa, un piccolo quadro degli anni ’50, che sottolinea la vita semplice e tranquilla di quell’epoca, in una cittadina in cui la gente non aveva l’abitudine di chiudere la porta di casa a chiave.
E Jack Ketchum ha forse voluto usare questa introduzione, bucolica per giunta, per dare più forza e spessore all’orrore che avrebbe dipinto. No, non dipinto. Che avrebbe sbattuto in faccia al lettore.
C’è un crescendo ne La ragazza della porta accanto che contribuisce a rendere il romanzo più tremendo. Il lettore si sente avido di conoscere che cosa accadrà, anche se, dentro di sé, non vuole che accada quel qualcosa.
La ragazza della porta accanto è un libro che va letto velocemente, senza soffermarsi sui dettagli descritti, su quelle scene che, pur sapendo che sono finzione – anche se non troppo – ti lasciano il segno e forse te lo faranno ricordare come il libro peggiore che hai letto.
Peggiore non per la qualità, perché su quella non si discute, né per lo stile, così semplice e lineare, né per la trama. Peggiore perché ti ricorderai sempre de La ragazza della porta accanto, perché porterai dentro di te quelle scene e il dolore che hanno provocato.
E odierai quei personaggi, man mano che leggi. Odierai i carnefici e guarderai le vittime come uno spettatore lontano e impotente, che non può far nulla se non leggere, con la speranza che tutto finisca presto, che prima o poi si stanchino.
Ma Jack Ketchum non è uno scrittore così benevolo coi suoi lettori. Non lo è semplicemente perché il suo fine è raccontare la paura, quella reale, quella di tutti i giorni, quella che possiamo leggere sui quotidiani, sentire al telegiornale. Quella soltanto riassunta. E ce la racconta senza mezzi termini, ci fa vivere quella paura e quel dolore.
La ragazza della porta accanto si rivela così un romanzo che stimola emozioni. Odio, rabbia, pena, empatia. Non si legge con distacco. Se qualcuno ci riesce, penso allora che abbia la stessa sensibilità di Ruth Chandler, una delle protagoniste della storia. Sì, proprio la stessa sensibilità.
Se siete deboli di stomaco, allora non leggete La ragazza della porta accanto. Non aprite proprio quel libro, perché inizia come una strada in pianura: scorrevole e senza intoppi, sicura, tranquilla.
E prosegue poi in discesa, una ripida discesa che vi farà precipitare nel dolore e nell’angoscia. E allora non potrete smettere, non potrete fermarvi a metà libro senza conoscere cosa ne sarà della ragazza della porta accanto.
Ma a quel punto sarà troppo tardi.
- La ragazza della porta accanto di Jack Ketchum (tit. orig. The Girl Next Door)
- Edizione Mondolibri su licenza Gargoyle
- 288 pagine
- giugno 2010
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